Emofilia

Illustrazione 3d del sistema cardiocircolatorio per descrivere l'emofilia

L’emofilia è una coagulopatia, ovvero un disturbo della coagulazione del sangue, nella quale l’assenza o il malfunzionamento di alcuni fattori della coagulazione impedisce la creazione del “tappo” che dovrebbe fermare la fuoriuscita del sangue dai vasi sanguigni danneggiati.

I soggetti emofilici sono predisposti alla diatesi emorragica, ossia hanno la tendenza a sanguinare. Le ripetute e prolungate emorragie che avvengono nei tessuti molli, nelle articolazioni e nei muscoli in seguito a traumi anche lievi, portano a un danno progressivo a livello muscoloscheletrico. In rari casi si possono avere emorragie cerebrali o interne potenzialmente fatali. L’emofilia è quasi sempre dovuta a un difetto genetico ereditario, anche se esistono rarissimi casi di emofilia conseguenti a una reazione autoimmune.

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Tipologie e classificazioni di emofilia

La coagulazione del sangue, o emostasi, è un processo complesso che prevede l’intervento di numerose proteine normalmente presenti in forma inattiva che si attivano a cascata. In base al fattore di coagulazione deficitario si identificano due forme di emofilia, clinicamente indistinguibili:

  • emofilia A, dovuta a un deficit di fattore VIII;
  • emofilia B, dovuta a un deficit di fattore IX.

L’emofilia è una malattia che colpisce essenzialmente il sesso maschile in quanto i geni necessari per la sintesi del fattore XIII e del fattore XI si trovano sul cromosoma X. Un individuo di sesso maschile ha un solo cromosoma X, e dunque, se il gene è difettoso, la malattia si rende manifesta. Viceversa, nel sesso femminile, che possiede due cromosomi X, in presenza di un solo gene difettoso, non si hanno sintomi. L’emofilia A colpisce circa un maschio ogni 5.000 nati e l’emofilia B un maschio ogni 30.000 nati.

In base all’attività di coagulazione residua l’emofilia viene classificata in:

  • severa (circa la metà dei casi diagnosticati);
  • moderata;
  • lieve.

L’emofilia A acquisita è una rara patologia autoimmune causata dalla formazione di anticorpi che riconoscono e inibiscono il fattore VIII. È contraddistinta da un’emorragia inattesa, potenzialmente fatale. È più prevalente in gravidanza, ed è stata associata ad alcune condizioni come tumori, malattie autoimmuni e infezioni. Nonostante ciò, nella metà dei casi non si riesce a stabilire una correlazione evidente con una possibile condizione predisponente.

Sintomi dell’emofilia

Le emorragie dipendono sia dalla gravità della malattia sia dall’età del paziente. Nei pazienti con emofilia grave l’evento più grave e precoce che può accadere è un’emorragia cerebrale fatale o responsabile di danni neurologici permanenti. Nella maggior parte dei casi l’emorragia è provocata da traumi che avvengono durante il parto, specialmente con l’uso del forcipe o della ventosa.

Nell’emofilia grave si verificano emorragie spontanee nei muscoli delle gambe, dei glutei e dell’avambraccio e nel muscolo flessore dell’anca; sanguinamenti ed ematomi si manifestano a partire dai 6-8 mesi quando il bambino inizia a muoversi maggiormente. L’incidenza del sanguinamento spontaneo all’interno delle articolazioni, detto emartrosi, aumenta con l’età, interessando il 60% dei pazienti adulti; le articolazioni più colpite sono caviglia, gomito e ginocchio. Il sanguinamento ripetuto causa un’infiammazione dell’articolazione e porta all’artropatia emofilica che, nella fase più avanzata, causa deformità dell’articolazione, dolore e danno funzionale.

Nei pazienti con emofilia moderata i sanguinamenti spontanei sono poco frequenti, avvengono in seguito a ferite o traumi. Le manifestazioni della forma moderata sono eterogenee: un paziente su quattro ha sanguinamenti delle articolazioni simili a quelli che si osservano nella forma grave, mentre uno su quattro non ha nessun sanguinamento.

Nell’emofilia lieve non si hanno sanguinamenti spontanei. Spesso la diagnosi avviene in età adulta in occasione del pre-ricovero per un intervento chirurgico. La tendenza al sanguinamento si manifesta con la formazione di lividi ed ematomi. Tutti i pazienti emofilici sono a rischio di sanguinamento dopo gli interventi chirurgici.

Come si diagnostica l’emofilia

Per diagnosticare l’emofilia si misura l’attività del fattore VII o del fattore IX tramite test specifici. L’emofilia A può essere diagnosticata precocemente, in qualche caso addirittura analizzando il sangue del cordone ombelicale raccolto alla nascita. Nel caso dell’emofilia B invece i test eseguiti prima dei 6 mesi di età possono non essere conclusivi, dato che le concentrazioni del fattore IX sono molto basse alla nascita, soprattutto nei neonati prematuri.

Una volta diagnosticata l’emofilia, è opportuno eseguire l’analisi genetica per stabilire il difetto responsabile della malattia. Inoltre, è un’informazione preziosa per individuare le parenti prossime di sesso femminile portatrici dell’anomalia genetica. È possibile eseguire la diagnosi prenatale di emofilia utilizzando campioni ottenuti mediante villocentesi o amniocentesi. Le coppie portatrici di emofilia A e B che ricorrono alla procreazione assistita possono fare ricorso alla diagnosi genetica pre-impianto.

Illustrazione di vasi sanguigni normali, sanguinanti e afflitti da emofilia

Come si cura l’emofilia

Il trattamento per l’emofilia consiste nella somministrazione del fattore di coagulazione mancante al fine di ottenere un’emostasi adeguata (terapia sostitutiva). Oggi si usano proteine ricombinanti, più sicure delle emotrasfusioni, che hanno però lo svantaggio di avere un’emivita breve e che vanno quindi somministrate di frequente. La complicanza più seria della terapia sostitutiva è la formazione di anticorpi che neutralizzano il fattore che viene infuso, un fenomeno più comune nel caso dell’emofilia A; se la concentrazione dell’inibitore è bassa, è possibile continuare la terapia sostitutiva in uso aumentando il dosaggio, se la concentrazione è alta, è invece necessario somministrare altri agenti che inducono l’emostasi con meccanismi differenti.

Per scongiurare pericolose emorragie ed evitare la distruzione delle articolazioni nei pazienti con emofilia moderata o severa, è possibile ricorrere alla somministrazione profilattica del fattore di coagulazione. Nelle forme lievi di emofilia A, è possibile usare un farmaco, la desmopressina, per aumentare la concentrazione plasmatica del fattore VIII, anche se non tutti i pazienti raggiungono livelli di attività emostatica accettabili con questo trattamento. Sono in fase di studio diverse strategie di terapia genica per ridurre la severità della malattia attraverso l’introduzione nel genoma di copie sane del gene difettoso.

Fonti

Autore

Osmosia s.r.l.
Osmosia s.r.l.

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In sintesi

L’emofilia è un raro disturbo della coagulazione del sangue, generalmente causato da un difetto genetico ereditario. Le due forme principali sono A (carenza di fattore VIII) e B (carenza di fattore IX).