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Sclerosi laterale amiotrofica bulbare (SLA bulbare)

Foto di ragazzo in piedi che soffre di malattia degenerativa dei motoneurosi (sla bulbare)

 

La sclerosi laterale amiotrofica bulbare è una tipologia di sclerosi laterale amiotrofica, SLA, una patologia degenerativa causata dalla perdita dei motoneuroni, responsabili dei movimenti volontari. In questa tipologia di SLA, i neuroni inizialmente interessati dalla patologia appartengono al tronco cerebrale/bulbare.

 

 

Indice degli argomenti

 

 

 

Cos’è la SLA bulbare?

La SLA ad insorgenza bulbare è una variante della sclerosi laterale amiotrofica (circa 25% dei casi diagnosticati), nonché quella con la più ridotta aspettativa di vita e progressione più rapida. Nella SLA bulbare, i motoneuroni interessati dal danno neuronale appartengono al tronco cerebrale/bulbare e questo causa degenerazione e atrofia muscolare, quindi riduzione della massa muscolare, con perdita di funzione dei muscoli deputati alla parola e alla deglutizione/masticazione.1

 

 

 

 

 

Quali sono i sintomi della SLA bulbare?

I sintomi tipici della SLA ad insorgenza bulbare sono variabili e la maggior parte dei pazienti presenta:

  • fatica nel pronunciare parole e frasi;
  • progressiva perdita della comunicazione verbale;
  • problema di motilità alle corde vocali che causa ulteriore fatica nel pronunciare parole;
  • crescente difficoltà a deglutire;
  • facile stancabilità dei muscoli della masticazione;
  • progressiva debolezza e atrofia muscolare che si estendono ad altri muscoli del corpo.

 

Con il passare del tempo, la debolezza e l’atrofia muscolare interessano altre parti del corpo, fino a compromettere la capacità respiratoria, per cui diventa necessario un supporto respiratorio per mantenere in vita il paziente. All’esordio più caratteristici, con il progredire della malattia, i sintomi della SLA bulbare si sovrappongono a quelli di altre tipologie di SLA. La SLA bulbare, a differenza della SLA ad esordio spinale, ha una progressione più veloce, con una sopravvivenza media inferiore ai due anni.1,2

 

 

Come si diagnostica la SLA bulbare?

Nessun test è in grado di fornire una diagnosi definitiva di SLA, o, nello specifico, di SLA bulbare. La diagnosi deve essere effettuata da un medico neurologo, il/la quale esamina la storia familiare del paziente per individuare una eventuale familiarità, conduce generalmente test per l’esclusione di altre malattie ed esamina i sintomi riportati dai pazienti e la loro evoluzione nel tempo.

 

Per formulare una diagnosi, vengono utilizzati supporti diagnostici come:

  • elettromiografia, una tecnica in grado di registrare gli stimoli elettrici e quindi la funzionalità di determinati muscoli;
  • risonanza magnetica nucleare (RMN): consente l’esclusione di altre malattie che coinvolgono il sistema nervoso, come tumori e sclerosi multipla, ad esempio. Puoi approfondire le differenze tra SLA e sclerosi multipla nel nostro articolo
  • PET: tecnica di diagnostica per immagini che permette di studiare il metabolismo di diverse aree cerebrali;
  • biopsia muscolare: per escludere altre patologie.3,4

 

I test vengono generalmente ripetuti ogni 2-3 mesi per verificare l’andamento nel tempo dei sintomi. In caso di SLA bulbare, il rapido declino della salute del paziente e il peggioramento dei sintomi, costituiscono un segno inequivocabile della presenza della malattia.

 

 

Foto di persona su lettino d'ospedale con flebo ricoverata per sla bulbare

 

 

Che trattamenti sono disponibili per la SLA bulbare?

Ad oggi, non è disponibile alcun trattamento in grado di curare la SLA bulbare. Esistono, tuttavia, due farmaci in grado di rallentare la progressione della malattia, anche se la loro efficacia è limitata:

  • riluzolo: il suo utilizzo permette di ritardare il ricorso alla ventilazione assistita o di prolungare la sopravvivenza mediamente di 3 mesi;
  • edaravone: studi hanno dimostrato che questo farmaco è in grado di rallentare il peggioramento della malattia in una sottopopolazione ristretta di pazienti che riesce ancora a svolgere le proprie normali attività. L’edaravone non è tuttavia approvato per l’uso in Italia, in quanto i rischi sono stati considerati troppo alti rispetto al beneficio del farmaco.5

 

In assenza di trattamenti curativi, le terapie sintomatiche rimangono la prima scelta per la gestione della la SLA e, quindi, della SLA bulbare:

  • trattamenti per il controllo della spasticità;
  • trattamenti per l’affaticamento;
  • trattamenti per il controllo della ipersalivazione;
  • trattamenti per il controllo dei crampi muscolari;
  • trattamenti per il controllo della trombosi venosa profonda e dell’insufficienza respiratoria;
  • trattamenti per il controllo della disfagia (difficoltà a deglutire) e della difficoltà nella parola.

 

Queste cure palliative vengono fornite da team multidisciplinari costituiti da professionisti dell'assistenza come medici, farmacisti, fisioterapisti, logopedisti, nutrizionisti e assistenti sociali.

 

Benché ancora distanti dalla messa in commercio, sono in fase di sviluppo su modelli animali terapie innovative per il trattamento della SLA:

  • terapia genica: per correggere a livello genetico le mutazioni nei geni coinvolti nella patologia (circa 30 quelli individuati);
  • farmaci a bersaglio molecolare: atti a proteggere i motoneuroni tramite la modulazione di alcune molecole.4,5

 

 

Si può guarire dalla SLA bulbare?

Ad oggi, la SLA bulbare è ancora una malattia incurabile, che porta inesorabilmente alla morte in tempo variabile a causa della paralisi dei muscoli respiratori. Mediamente l’aspettativa di vita è di 30 mesi. Per questo motivo, ricevere ed accettare la diagnosi può essere un percorso complesso così come gestire la sua progressione. Ne abbiamo parlato nel nostro approfondimento.

 

 

 

Foto di mani congiunte per rappresentare il supporto che si può dare a persone con sla bulbare

 

 

Come supportare una persona con SLA bulbare?

La diagnosi di SLA è frequentemente un evento fortemente destabilizzante per i pazienti così come per le persone a loro vicine. Dopo un primo momento di shock, viene automatico chiedersi come poter aiutare concretamente la persona amica o il proprio familiare.

 

Ecco alcuni consigli per poter fornire supporto:

  • essere presenti per poter parlare insieme della diagnosi e di ciò che ruota intorno alla malattia, nel caso in cui la persona ne senta il bisogno;
  • offrire il proprio aiuto per attività specifiche, offrendosi, ad esempio, di preparare del cibo oppure di portare il paziente alle visite mediche;
  • informarsi sulla malattia: solo conoscendo a fondo la malattia si può fornire cure e supporto;
  • non essere troppo accondiscendente, questo atteggiamento, infatti, potrebbe metterebbe ulteriore enfasi sulla malattia e le preoccupazioni ad essa correlate;
  • rispettare il volere del paziente in quanto rimane una persona in grado di prendere decisioni, nonostante la malattia.

 

Talvolta, potrebbe essere utile utilizzare degli spunti di riflessioni a partire, ad esempio, dall’esperienza di altre persone che hanno ricevuto la stessa diagnosi. In questo articolo articolo, puoi trovare alcune testimonianze di malati di SLA.

Nel caso in cui si decida di diventare caregiver per la persona malata, quindi colui/colei che presta le cure e assiste il paziente nelle attività quotidiane, potrebbe essere utile informarsi a fondo e conoscere le opzioni terapeutiche e di assistenza disponibili. Alcuni esempi sono:

  • fisioterapia: per aiutare i pazienti a mantenere la propria forza muscolare ed elasticità;
  • terapia occupazionale: specialisti del settore possono aiutare il malato a trovare un impiego adeguato, in modo da mantenere il più a lungo possibile la propria indipendenza;
  • visite infermieristiche specialistiche: per l’assistenza al malato nelle attività quotidiane e monitoraggio delle condizioni di salute generale.6

 

Essere caregiver per un paziente affetto da SLA può essere un’esperienza carica di emozioni dolorose, oltre che un compito fisicamente impegnativo, a causa della caratteristica principale della malattia di limitazione della motilità. Il paziente, specialmente nelle fasi più avanzate, ha infatti bisogno di sostegno nello svolgere la totalità delle azioni quotidiane, come lavarsi e nutrirsi. Oltre a ciò, specialmente nel caso di assistenza ad un familiare, il carico emotivo può portare a conseguenze pesanti per la salute psico-fisica del caregiver, tanto che i casi di depressione tra i caregivers sono molto frequenti.

 

Per questi motivi, è importante che anche i caregivers si prendano cura della propria salute, per poter fornire al malato il supporto fisico, e soprattutto emotivo, che un momento così delicato richiede. Per fare ciò, è consigliato:

  • richiedere supporto psicologico ad un/una professionista;
  • mettersi in contatto con associazioni di malati di SLA, per scambiare consigli e supportarsi a vicenda;
  • prendersi alcune pause, per poter distrarre la mente e ridurre lo stress;
  • riconoscere eventuali sintomi di depressione e chiedere supporto.7

 

Fonti

  1. Hardiman, O., Al-Chalabi, A., Chio, A. et al. Amyotrophic lateral sclerosis. Nat Rev Dis Primers 3, 17071 (2017). https://doi.org/10.1038/nrdp.2017.71
  2. Shellikeri S, Karthikeyan V, Martino R, Black SE, Zinman L, Keith J, Yunusova Y. The neuropathological signature of bulbar-onset ALS: A systematic review. Neurosci Biobehav Rev. 2017 Apr;75:378-392. doi: 10.1016/j.neubiorev.2017.01.045. Epub 2017 Feb 2. PMID: 28163193; PMCID: PMC5425954.
  3. Target als, What is bulbar ALS? (Ultimo accesso 11.04.23)
  4. Kühnlein P, Gdynia HJ, Sperfeld AD, Lindner-Pfleghar B, Ludolph AC, Prosiegel M, Riecker A. Diagnosis and treatment of bulbar symptoms in amyotrophic lateral sclerosis. Nat Clin Pract Neurol. 2008 Jul;4(7):366-74. doi: 10.1038/ncpneuro0853. Epub 2008 Jun 17. PMID: 18560390.
  5. Associazione italiana di ricerca per la sla, Diagnosi e trattamento
  6. Target als, caring for someone with als: tips for friends, family members and caregivers (Ultimo accesso 11.04.23)
  7. ALS association, Caregiving tips and hints (Ultimo accesso 11.04.23)
 
 

Autore

Giulia Boschi
Giulia Boschi

Si occupa di ricerca biomedica e comunicazione medico-scientifica. Laureata in Biotecnologie Farmaceutiche, è ricercatrice all'Helmholtz Center di Monaco.

In sintesi

Tipologia di sclerosi laterale amiotrofica in cui i neuroni interessanti all’insorgenza della malattia appartengono al tronco cerebrale