Protesi dell'anca

Illustrazione 3d dello scheletro umano per descrivere la protesi dell'anca

 

La protesi dell’anca è la sostituzione chirurgica dell’articolazione dell’anca con un dispositivo protesico. Viene eseguita quando l’articolazione è danneggiata, causa dolore e limita la mobilità del paziente. Esistono diverse tipologie di protesi fatte di materiali differenti. Si tratta di un intervento di chirurgia maggiore, ben standardizzato, ma che comporta comunque il rischio di alcune complicanze.

 

 

Indice degli argomenti

 

 

Come si impianta una protesi dell’anca

La protesi dell’anca, detta anche artroplastica dell’anca o artroprotesi dell’anca, consiste nella sostituzione chirurgica dell’anca con un dispositivo artificiale. Più precisamente viene sostituita l’articolazione formata dalla testa del femore (l’osso lungo della coscia) e dall’acetabolo (o cotile, l’incavo del bacino in cui si va a inserire la testa del femore). Ad essere sostituita è un’articolazione danneggiata dall’usura o da patologie articolari, che causa dolore e rigidità.

 

La testa del femore è rimossa e all’interno dell’osso è posizionato uno stelo metallico che termina con una sfera che andrà a inserirsi in una coppa incastrata nell’osso del bacino. La protesi viene fissata con una resina acrilica a presa rapida (“fissazione con cemento”) o a incastro (“fissazione senza cemento”). I dispositivi protesici possono essere fatti di metallo, polietilene ad altissima densità o ceramica. Vengono scelti materiali che non provocano fenomeni infiammatori, che sono in grado di sopportare carichi di lavoro notevole e che non vanno incontro a corrosione.

 

La scelta del modello di protesi (ne esistono moltissimi tipi), dei materiali e del metodo di fissazione viene fatta dall’ortopedico in base a diversi fattori, tra cui l’età del paziente, la qualità dell’osso e la patologia che ha reso necessaria la protesi anca. Una protesi d’anca dura anche 15-20 anni, trascorsi i quali l’intervento può essere ripetuto.

 

La protesi dell’anca (talvolta indicata come protesi totale dell’anca) è controindicata in presenza di artrite settica (infezione dell’articolazione) e se il paziente presenta patologie che conducono a una rapida distruzione del tessuto osseo oppure patologie neurologiche dell’articolazione.

 

 

 

 

Quando si effettua la protesi dell’anca

La protesizzazione dell’anca viene effettuata quando l’articolazione è danneggiata e provoca dolore e limitazione funzionale.

 

Le indicazioni per la protesi d’anca includono:

  • artrosi primaria dell’anca, degenerazione progressiva dell’articolazione che peggiora con l’età;
  • artrosi secondaria dell’anca, una degenerazione dell’articolazione che può interessare anche pazienti giovani. Essa è dipendente da varie cause, tra cui lussazione congenita, coxa plana (appiattimento della testa del femore), epifisiolisi (una condizione patologica tipica dell’adolescenza in cui la testa e il collo del femore si separano);
  • necrosi asettica (o osteonecrosi) della testa del femore, morte del tessuto osseo causata da un’insufficiente perfusione sanguigna; può insorgere per esempio in seguito a radioterapia locale ad alte dosi o a una terapia cortisonica di lunga durata; 
  • esiti di fratture del collo del femore;
  • esiti di lussazioni traumatiche dell’anca;
  • artrite reumatoide;
  • tumori ossei (osteosarcoma, condrosarcoma) del femore o dell’acetabolo.

 

 

Primo piano di un modello di protesi dell'anca

 

 

Come si effettua la protesi dell’anca

Prima dell’intervento il paziente viene sottoposto ad alcuni accertamenti preoperatori (emocromo, esami ematochimici, elettrocardiogramma, visita con l’anestesista…). Il giorno dell’intervento deve presentarsi a digiuno da almeno 8 ore.

 

L’intervento viene eseguito in anestesia loco-regionale (anestesia spinale o peridurale) o in anestesia generale. Il paziente viene posizionato sul letto operatorio sul fianco o supino (a pancia in su) a seconda della via di accesso all’articolazione scelta dal chirurgo (anteriore diretta, laterale diretta o posteriore). Si pratica un’incisione in corrispondenza del grande trocantere (una protuberanza ossea del femore). Si raggiunge l’articolazione che viene lussata, ossia si separano il femore e l’acetabolo. La testa del femore viene sezionata e il canale femorale viene preparato con delle frese per l’inserzione dell’innesto. Usando altre frese si prepara l’acetabolo per il posizionamento della coppa acetabolare. Inserita la protesi l’articolazione viene ridotta, ossia si riuniscono femore e acetabolo.

 

A questo punto si eseguono delle manovre di mobilizzazione dell’anca per controllare che il movimento non causi la perdita dei rapporti articolari. Si suturano i vari strati fino a chiudere la ferita, inserendo uno o due tubicini (drenaggi) per fare fuoriuscire i liquidi (sangue, siero…) dall’area operata e favorirne la guarigione. I drenaggi vengono tolti dopo 2-3 giorni quando il paziente viene fatto sedere in poltrona.

 

Qualche giorno dopo l’intervento si inizia la fisioterapia al letto del malato e dopo un paio di giorni ancora il paziente può iniziare ad alzarsi in piedi con l’ausilio di sostegni. Il paziente viene trasferito presso una struttura riabilitativa 7-10 giorni dopo l’intervento. I punti vengono rimossi dopo 15 giorni. Solitamente il paziente ottiene un buon recupero in circa tre mesi.

 

Le possibili complicanze della protesi dell’anca includono infezioni, trombosi venosa profonda, lesioni di nervi o vasi sanguigni, dolore persistente, ossificazione (formazione di tessuto osseo nei muscoli che circondano l’anca), dismetrie degli arti (le due gambe risultano di diversa lunghezza) e fratture periprotesiche (ossia dell’osso che circonda l’impianto). Va considerato che la protesi non è un’articolazione normale, la soddisfazione del paziente dipende anche dal fatto che le sue aspettative siano realistiche.

 

 

Fonti

Autore

Osmosia s.r.l.
Osmosia s.r.l.

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In sintesi

La protesi dell’anca, detta anche artroplastica o artroprotesi dell'anca, consente di rimuovere il dolore e le limitazioni di movimento provocate dalla degenerazione dell’articolazione.

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